La Storia

La Storia non si era ancora resa conto di essere iniziata da un po’ e solo quando sentì un imbarazzato tramestio in sala si accorse che tutti attendevano che succedesse qualcosa. Sul palcoscenico gli attori sembravano muoversi con disinvoltura ma facendo attenzione si avvertiva in loro un senso di disagio.

Solo la loro esperienza li portava a proseguire sulla scena mentre la trama, inizialmente chiara e ripetuta in infinite rappresentazioni, si faceva via via più evanescente mentre la Storia veniva colta dal dubbio. Troppe volte era stata raccontata con vividezza di particolari e questa infinita ripetizione le aveva dato prima corpo e poi anima e poi consapevolezza.

Infine la Storia prese coscienza di sé e decise di stabilire il proprio destino rifiutando quello che un vecchio autore le aveva riservato attingendo alla sua fantasia. Lei guardò allora gli attori spaesati e li fece sedere come meglio potevano, rivolti verso la platea, fugando in loro ogni incertezza e disegnando sui loro volti un’ombra di curiosità e attesa.

Le luci della sala, precedentemente rivolte verso il palcoscenico, si spostarono così in platea illuminando la nuova scena fatta di innumerevoli piccole grandi Storie riunite ordinatamente in file gremite. A mano a mano che la luce illuminava uno spettatore, quello si alzava e con voce resa flebile dalla mancanza di esperienza teatrale, pronunciava d’istinto un pensiero, una propria speranza. La luce intensa gli colpiva gli occhi e gli impediva di vedere chi avesse vicino; solo gli attori sul palco, ora divenuti spettatori, potevano essere scorti ed era a loro che la voce si rivolgeva.

La Storia iniziò a nutrirsi di questi pensieri e crebbe, si divertì, pianse, rise, si emozionò e si sorprese per gli accostamenti inconsueti di quei pensieri che si accavallavano. Alla fine riconobbe il proprio futuro e ritornò a guardare verso il palcoscenico dove gli attori indossarono nuovi personaggi e in platea ognuno poté riconoscere in loro una parte di sé.

Il cuoco di Mandelbrot

Ovvero: i frattali in cucina

Le polpette di pane, fritte, devono sopperire alla povertà dell’impasto con una precisa tecnica di cottura. Più sono irregolari e frastagliate, più sono gustose. Questo si ottiene facendo cadere distrattamente l’impasto nell’olio molto caldo (non troppo) in modo che si cristallizzi nella forma bizzarra con cui è caduto e non abbia il tempo di trasformarsi in piccola pallina tonda. Ecco: la forma innanzi tutto.

Sembrerà cosa banale ma il principio è strettamente collegato al concetto di frattali: la forma bislacca assunta, crea una superficie maggiore di quella che lo stesso impasto avrebbe assumendo una forma sferica, e qui, nei fritti, la superficie è il trucco per garantire un gusto sapido e avvolgente.

E’ evidente che la parte esterna, a contatto con l’olio, sia più croccante e gustosa rispetto a quella interna che, pur essendo cotta, non è stata coccolata a dovere dai grassi in esuberante cottura. Così, più aumenta la superficie rispetto al contenuto, maggiore è la bontà della polpetta.

Degustate, gente. Degustate.

La prima chitarra

La prima chitarra. Legni tenuti insieme nonostante tutto congiuri contro di loro dal 1954; si, lei è nata prima di me ma ci siamo conosciuti nel ’70 quando il cugino musicista me l’ha data insieme a un foglio con scarabocchiato il giro di do. Al termine di quel giro mi sono sentito un musicista affermato e non mi ha fermato più nessuno, a parte il dolore alle dita prima che si formassero i calli nei punti giusti e le figuracce provando i primi barrè. E vennero i campeggi e la navigazione sui torrenti di montagna, la luna e i falò. E poi, le discese ardite e le risalite, le locomotive truccate con rimmel, mi sono perso raccogliendo violette e cercando dollari d’argento sul fondo del Sand Creek. E il suono del silenzio e il lato oscuro della luna mi hanno infine catturato. Ora è così, salvata dal dimenticatoio e presa in mano come una volta i pellerossa impugnavano le pagaie. Non suona più, ha corde stanche e geometrie squinternate ma quei legni hanno un’anima e non li abbandonerò.