Mare e schiuma

AnstrutherE’ una mattina di metà ottobre quella in cui lascio Edinburgo per dirigermi verso nord lungo la costa. Il clima è stranamente mite per la stagione, ha piovuto, c’è un vento proveniente da est e il mare si è ingrossato in lunghe onde cariche di schiuma.

Oltrepasso il Firth of Forth percorrendo lo spettacolare ponte sospeso sul fiordo dirigendomi verso Kircaldy dove imbocco la via costiera lasciandomi il traffico alle spalle.

FaroL’aria si fa carica di salsedine e i paesi in lontananza appaiono sbiaditi sullo sfondo della campagna. Con la complicità della bassa marea i gabbiani vanno a caccia di pesciolini o piccoli molluschi rimasti sulla spiaggia appena accarezzata dall’acqua portata dal vento e il rumore della risacca è continuo. Così, con un occhio al mare e uno alla strada arrivo ad Anstruther, piccolo paese sul mare con un angusto porticciolo ormai popolato più da barche da diporto che di pescatori.

Le strade sono deserte, tutti sono riparati in casa e l’unico rumore che si sente è quello del vento. Il molo e la diga di protezione oggi sono impercorribili perché spazzati dal vento teso che arruffa le piume dei gabbiani. Le onde lunghe si infrangono sugli scogli esterni e lavano il piccolo faro posto all’imboccatura del porto dove, alla fine, qualche pescatore si vede mentre riordina la barca dopo un’uscita al largo con un tale mare.

Fish and chipsVista l’ora mi infilo nell’Anstruther Fish Bar, un’istituzione da queste parti, che sforna piattini di fish & chips spettacolari: patatine croccanti e filetti di Haddock dorati e morbidi dentro, senza una lisca; e’ un piccolo pesce simile al merluzzo che viene pescato nel nord Atlantico e in Scozia dove si trova abitualmente anche a colazione sia fritto sia affumicato e servito con uova in camicia.

GabbianoMi siedo ad un tavolo vicino alla finestra rivolta verso il porto e il pesce mi viene servito con un boccale di birra di dimensioni esagerate il cui profumo mescolato a quello del fritto produce un solletico acre nel naso. Assaporo lentamente nonostante l’appetito per gustare oltre al cibo anche l’atmosfera del posto.

Alla fine esco a fare due passi e mi siedo su una panca a fumare la pipa; poco dopo mi raggiunge il pescatore che, accendendo la sua mi guarda con complicità e si siede a fumare accanto a me cominciando a raccontarmi della sua pipa e del tabacco e della barca e del pesce. Io lo ascolto, capisco solo il senso di quello che dice, ma il ricordo di questo incontro non mi abbandonerà facilmente.

 

Il suonatore

Oggi ricordo quella volta in cui mi sono svegliato presto in un giorno di inizio estate; saranno state le cinque del mattino  e già la luce si infiltrava tra i palazzi e raggiungeva la mia stanza al dodicesimo piano, piacevolmente orientata a est.

Una luce tra il bianco e l’azzurrino, segno di un cielo terso e asciutto e subito mi è venuta voglia di andare al parco per vederlo svegliarsi. La giornata si preannunciava calda e sarebbe bastata una polo qualsiasi sopra un paio di pantaloni di tela e scarpe comode. Molto comode perché mi piace camminare.

L’ascensore arriva quasi subito e il buon umore viene ulteriormente premiato. Fare dodici piani a piedi lungo scale che si attorcigliano per lo stesso verso puo’ essere faticoso e alla fine frastornante. Mi ritrovo in strada ad annusare l’aria e mi accorgo di quanto sia buona in questa stagione: quasi fresca e pulita, considerando la città. Quando una giornata inizia attraversando Washington square a quell’ora, non può che essere una bella giornata.

Poca gente in giro, ci sono più scoiattoli che persone e sicuramente nessun turista. Mi fermo quasi sotto l’arco, c’è un suonatore che deve aver perso la cognizione del tempo perché a quest’ora è raro vederne e non mi pare abbia l’aria di uno che stia rientrando dopo una notte trascorsa fuori. Accorda la chitarra e per me è un richiamo irresistibile quanto un paio di occhi sorridenti. Mi avvicino e cerco di indovinare il suo genere musicale.

Sarà la passione scaturita dai miei occhi o forse la sua voglia di compagnia perchè, al termine degli aggiustamenti rituali che fa ogni suonatore, mi porge la chitarra e mi dice “play me something…”. Prendo con soggezione quella chitarra che, vista da vicino, scopro essere una delle mie preferite e quasi inarrivabili, una Martin acustica un po’ vissuta ma con un suono da dio. Mi faccio prendere dalle note dimenticandomi delle foto al parco.

Ci raccontiamo con la musica la nostra storia fatta di percorsi sonori diversi, di tecniche imparate per strada. Ci lasciamo dopo un’ora con i suoni nelle orecchie e un sorriso. Non ci siamo detti i nostri nomi ma forse non erano importanti. Ora in testa ho un profumo di caffè che mi rende irresistibile l’insegna di Starbucks dove prenderò anche qualche nocciolina per gli scoiattoli del parco.

Vini della sabbia

E’ ormai fine mattina quando arrivo al solito bistrot con i giornali sotto braccio e l’ultimo libro che stento a finire. E’ tarda primavera e le giornate si fanno calde nonostante un discreto Mistral che spazza il cielo rendendolo terso e facendo risaltare i colori della campagna.

Il locale è piccolo, tutta pietra e legno che sa di vino e profumi. Il mio amico trattore, col suo perenne cappello in testa, e grembiule appuntato al petto si siede fuori con me per annusare un po’ d’aria prima dell’arrivo degli avventori dell’ora di pranzo; mi racconta della spesa fatta la mattina al mercato del paese.

MercatoGli dico che l’avevo visto aggirarsi per le bancarelle di spezie con l’aria ispirata e non avevo voluto distrarlo nel momento della scelta: il mercato del venerdì mattina è un rito sacro per lui che segue un percorso preciso da anni intrattenendosi con tutti i suoi commercianti di fiducia in una lingua che non è più francese ma una comunicazione fatta di suoni, gesti ed espressioni che solo i due interlocutori capiscono; al termine di quel curioso scambio umano, lui porta con se un pacchetto in più ponendolo soddisfatto nella sporta.

MercatoOggi ha lasciato per ultimo il banco del pesce portando con se gallinelle e paraghi, almeno così mi è sembrato. Mi dice che oggi farà una Soupe de poissons spettacolare; ha gia preparato da ieri la salsa Rouille fatta con maionese all’aglio, pan grattato e peperoncino macinato: per servirla a tavola occorre il porto d’armi. La Soupe non è una zuppa di pesce, ma un piatto delicato a base di brodo di pesce passato al setaccio e un po’ denso, abbinato a crostini di pane strofinati con l’aglio e spalmati della famosa salsa Rouille.

Prima di cuocermi il palato con un tale piatto, mi ha portato un piattino di asparagi primaverili lessati e cosparsi con Fleur de sel della Camargue, piccoli cristalli di sale, e olio d’oliva. E poi ancora un assaggio di acciughine salate che si fa mandare da suoi conoscenti di Collioure al confine con la Spagna.

VignaNaturalmente il vino. Irrinunciabile su ogni tavola del posto: chiedere qualcosa di diverso scatenerebbe una guerra diplomatica. Oggi ha deciso per un Vin de Pays un po’ particolare per la zona: un delizioso Vin de Sable fresco al punto giusto, un rosato prodotto nella zona di Aigues Mortes alla foce del Rodano da viti basse che crescono direttamente sulla sabbia e infondono al vino una particolare sapidità.

Al termine del pranzo si siede a prendere il caffè al tavolo con gli avventori abituali godendosi i complimenti per la sua opera sapiente che si ripete ogni giorno con i consueti gesti. L’aria tranquilla ora è fatta di aromi di cucina e caffè e profumi di piante fiorite trasportati dal Mistral che sta calando.