Storie della notte

Sono le storie della notte che ti scivolano intorno senza badare a te, ti scansano veloci perché vanno chissà dove. Pare abbiano fretta, un po’ come tutti.

Io aspetto quelle lente, che arrivano in ritardo, che si fermano a respirare, quelle forse un po’ inadeguate ma che sanno vivere e farti sognare.

Quelle veloci non mi colpirebbero, mi trapasserebbero indifferenti mentre le altre, più sagge e meno impegnate mi sanno prendere, catturare con una parola, quella giusta che non ti togli dalla testa.

Allora le seguo con lo sguardo,loro fanno ancora alcuni passi mentre io penso: “ormai le ho perse”ma invece a sorpresa si voltano e mi guardano negli occhi e nel loro sguardo c’è la trama, nel loro pensiero c’e’ il sogno e la parola che dicono è “vieni con noi”.

La pronuncia e’ lieve, forse un solo pensiero ma se detta all’ora giusta, nel momento più magico della giornata allora diventa musica. Anche una frase può essere una parola, tutto si può condensare in una parola e allora l’istante si fa desiderio, curiosità, entusiasmo, sofferenza, pietà, amore, sollievo, sogno.

Ti accorgi

E ti accorgi in un istante che la vita è ormai alle tue spalle e che hai aspettato invano. E ti senti come Biarritz in inverno, con il gelo nelle ossa e la faccia frustata dalla salsedine. I soli assaggi di futuro sono fatti di passi incerti e di panchine a sorreggere il corpo stanco e continui a dover obbedire. Alla natura.

La Storia

La Storia non si era ancora resa conto di essere iniziata da un po’ e solo quando sentì un imbarazzato tramestio in sala si accorse che tutti attendevano che succedesse qualcosa. Sul palcoscenico gli attori sembravano muoversi con disinvoltura ma facendo attenzione si avvertiva in loro un senso di disagio.

Solo la loro esperienza li portava a proseguire sulla scena mentre la trama, inizialmente chiara e ripetuta in infinite rappresentazioni, si faceva via via più evanescente mentre la Storia veniva colta dal dubbio. Troppe volte era stata raccontata con vividezza di particolari e questa infinita ripetizione le aveva dato prima corpo e poi anima e poi consapevolezza.

Infine la Storia prese coscienza di sé e decise di stabilire il proprio destino rifiutando quello che un vecchio autore le aveva riservato attingendo alla sua fantasia. Lei guardò allora gli attori spaesati e li fece sedere come meglio potevano, rivolti verso la platea, fugando in loro ogni incertezza e disegnando sui loro volti un’ombra di curiosità e attesa.

Le luci della sala, precedentemente rivolte verso il palcoscenico, si spostarono così in platea illuminando la nuova scena fatta di innumerevoli piccole grandi Storie riunite ordinatamente in file gremite. A mano a mano che la luce illuminava uno spettatore, quello si alzava e con voce resa flebile dalla mancanza di esperienza teatrale, pronunciava d’istinto un pensiero, una propria speranza. La luce intensa gli colpiva gli occhi e gli impediva di vedere chi avesse vicino; solo gli attori sul palco, ora divenuti spettatori, potevano essere scorti ed era a loro che la voce si rivolgeva.

La Storia iniziò a nutrirsi di questi pensieri e crebbe, si divertì, pianse, rise, si emozionò e si sorprese per gli accostamenti inconsueti di quei pensieri che si accavallavano. Alla fine riconobbe il proprio futuro e ritornò a guardare verso il palcoscenico dove gli attori indossarono nuovi personaggi e in platea ognuno poté riconoscere in loro una parte di sé.