Ero a Parigi

Ero a Parigi tra Citè e St. Germain, giusto dietro la libreria Shakespeare & Co. tutto impegnato nella mia attività preferita di respirare aria quando mi imbatto in una meravigliosa bancarella di libri proprio fuori da un più moderno negozio di libri. Ecco, si, le librerie moderne non si possono chiamare librerie ma negozi di libri. Comunque, ero più o meno al secondo giro del banco quando mi cade l’occhio su un ragazzo, uno di quelli lunghi e allampanati come fanno adesso, solo che questo stava fissando con interesse la vetrina del negozio.

Non c’è nulla di strano a fissare una vetrina ma quando questa attività dura da parecchi minuti, la cosa diventa sospetta. A meno che non mi sia imbattuto in Nembo Kid che sta leggendo un libro attraverso la copertina, penso che il ragazzo sia leggermente suonato. Poi ho un’illuminazione e capisco tutto. Seguo lo sguardo di lui e noto che si posa su un soggetto biondo con curve a posto e camminata eterea. Pericolosissimo.

Il mio istinto è stato quello di scuoterlo per farlo rinsavire ma ormai il danno era fatto. Allora, quando tutto sembrava perduto, mi avvicino e gli propongo un gioco. Gli dico: “Prendi dalla bancarella un vecchio disco 45 giri a caso”. Lui esegue con aria assente e mi consegna l’oggetto. Lo guardo con aria nostalgica e gli dico. Questa canzone dura tre minuti e venticinque secondi. Questo è il tempo che avrete tu e la ragazza per stare insieme, adesso.

Durante questo tempo il mondo si dimenticherà di voi, nessuno vi noterà, potrete fare tutto ciò che vorrete senza alcuna interferenza. Ma bada a non sprecare la fortuna.

Il tempo inizierà da quando incrocerete gli occhi per la prima volta, e in quel momento la vita sarà cambiata. Dipende da te.

Lui si volta a guardarmi, forse per la prima volta, e mi sorride. In quel momento capisco che per fortuna certi ragazzi non sono solo lunghi e allampanati ma anche intelligenti. Mi saluta in silenzio e va incontro alla ragazza, si guardano, il respiro si ferma, il mondo si ferma.

Ormai sono fuori dal mondo ma io posso vederli. E assisto all’unica cosa giusta da fare se si hanno a disposizione solo tre minuti e venticinque secondi: si abbracciano in silenzio.

Dischi

DischiLa selezione dei brani musicali da includere in una scaletta da trasmettere non può essere casuale. Non dovrebbe esserlo. E’ invece frutto di uno stato d’animo che si vuole esprimere e la sequenza diventa un percorso, una trasformazione dell’umore, la comunicazione di un modo di sentirsi in quel momento che solo la musica riesce, per empatia universale, a trasmettere.

La ricerca delle musiche nei corridoi tappezzati di dischi è opera certosina, quasi da topo di biblioteca; e poi l’ascolto in cuffia per capire la giusta sequenza, i ritmi da mixare in consonanza o creando stacchi repentini per generare sorpresa. Mai lo stesso interprete per due brani di seguito a meno che non si tratti di sviluppare una monografia.

Durante la selezione e lontano dalla frenesia della trasmissione c’è il tempo per crogiolarsi nel rito dell’ascolto: accarezzo con lo sguardo la copertina del disco (rigorosamente LP) alla ricerca di particolari precedentemente sfuggiti e che possono diventare lo spunto per un commento; poi estraggo con un fruscio il disco ancora avvolto nella sotto-copertina di carta più sottile, spesso ulteriore fonte di notizie: interpreti, luoghi di registrazione, testi delle canzoni, ospiti e tutto il colorito mondo che ruota attorno alla realizzazione di un’opera musicale.

Passo quindi ad osservare il disco nero, con la parte centrale colorata da una micro-etichetta rotonda che vorrebbe suggerire altre cose oltre ai titoli in sequenza; e poi il microsolco lucente che promette meraviglie d’ascolto. Poso il disco lentamente sul piatto fermo indovinando con mano sicura il perno da introdurre nel foro. Il braccio del giradischi è pronto per essere manovrato e la puntina cala adagio nel solco selezionato e nelle cuffie mi arriva un suono ovattato e secco: il rumore del silenzio che precede la musica, un momento da vivere con trepidazione ad occhi chiusi e volume coinvolgente, come se chi suona lo facesse solo per me in quel momento e non volessi perdere neanche un particolare dell’esecuzione.

Io sono solito scegliere brani di facile ascolto per iniziare la trasmissione; un modo per mettere a proprio agio chi ascolta con musiche familiari, orecchiabili, di facile comprensione perché ormai ascoltate più volte; in questi casi si ascolta più il ricordo della musica nella propria memoria di quella effettivamente trasmessa.

Dopo due o tre musiche di introduzione passo al tema che mi piace sviluppare introducendo quindi vecchi blues, rock di altri tempi, musica progressive, jazz, fusion o bizzarri brani di “musica leggera” come si soleva dire una volta. Ma non più di poche musiche per volta: l’attenzione cade, chi ascolta perde l’interesse che deve essere catturato in modo inaspettato da qualcosa di diverso. Ed ecco così la selezione di cover dal vivo quasi sconosciute e trovate rocambolescamente in rete per effetto di un momento di serendipità; alla infine la musica italiana d’autore per rilassare dopo un momento di ascolto che in alcuni casi può essere complesso.

Mancano i titoli di coda come nei film, ma il ricordo della musica riecheggia ancora nella testa e quando la musica finisce, quel silenzio accomuna per un istante le anime di chi ha ascoltato insieme.