Radio Caroline

La notizia di oggi è una di quelle che mette il buon umore e ci fa capire che, a volte le forze del bene vincono le partite. La storia inizia nel 1964 su una decrepita nave danese sulle note di Not Fade Away dei Rolling Stones, dando vita a Caroline Radio, una delle prime radio pirata dell’epoca.

Le trasmissioni avvenivano galleggiando al limite delle acque territoriali britanniche e sconvolsero la tranquilla (e noiosa) quotidianità della BBC trasmettendo giorno e notte musica rock inondando la terra d’Albione con le musiche degli allora “emergenti” Beatles, Moody Blues, Who, Rolling Stones, Yardbirds e Kinks.

Il successo fu immediato e quasi pari di quello ottenuto dalla mitica Radio Luxembourg. La qualità audio era decisamente scarsa, niente stereo, scariche elettriche qua e la, in una modulazione di ampiezza che solo gli ascoltatori stagionati ricordano cosa fosse.

Oggi, dopo cinquant’anni, il governo di Sua Maestà ha concesso a Radio Caroline la licenza di trasmettere in alcune limitate contee, dando segno di grande apertura mentale e capacità di mantenersi al passo con i mutati tempi. Naturalmente, i signori imparruccati, non si sono minimamente accorti che, nel frattempo, Radio Caroline trasmette in streaming internet e che la vecchia nave è solo un romantico luogo che qualche anno fa ha ispirato il film “I love Radio Rock”.

Quando si dice “La flemma britannica”!

Dischi

DischiLa selezione dei brani musicali da includere in una scaletta da trasmettere non può essere casuale. Non dovrebbe esserlo. E’ invece frutto di uno stato d’animo che si vuole esprimere e la sequenza diventa un percorso, una trasformazione dell’umore, la comunicazione di un modo di sentirsi in quel momento che solo la musica riesce, per empatia universale, a trasmettere.

La ricerca delle musiche nei corridoi tappezzati di dischi è opera certosina, quasi da topo di biblioteca; e poi l’ascolto in cuffia per capire la giusta sequenza, i ritmi da mixare in consonanza o creando stacchi repentini per generare sorpresa. Mai lo stesso interprete per due brani di seguito a meno che non si tratti di sviluppare una monografia.

Durante la selezione e lontano dalla frenesia della trasmissione c’è il tempo per crogiolarsi nel rito dell’ascolto: accarezzo con lo sguardo la copertina del disco (rigorosamente LP) alla ricerca di particolari precedentemente sfuggiti e che possono diventare lo spunto per un commento; poi estraggo con un fruscio il disco ancora avvolto nella sotto-copertina di carta più sottile, spesso ulteriore fonte di notizie: interpreti, luoghi di registrazione, testi delle canzoni, ospiti e tutto il colorito mondo che ruota attorno alla realizzazione di un’opera musicale.

Passo quindi ad osservare il disco nero, con la parte centrale colorata da una micro-etichetta rotonda che vorrebbe suggerire altre cose oltre ai titoli in sequenza; e poi il microsolco lucente che promette meraviglie d’ascolto. Poso il disco lentamente sul piatto fermo indovinando con mano sicura il perno da introdurre nel foro. Il braccio del giradischi è pronto per essere manovrato e la puntina cala adagio nel solco selezionato e nelle cuffie mi arriva un suono ovattato e secco: il rumore del silenzio che precede la musica, un momento da vivere con trepidazione ad occhi chiusi e volume coinvolgente, come se chi suona lo facesse solo per me in quel momento e non volessi perdere neanche un particolare dell’esecuzione.

Io sono solito scegliere brani di facile ascolto per iniziare la trasmissione; un modo per mettere a proprio agio chi ascolta con musiche familiari, orecchiabili, di facile comprensione perché ormai ascoltate più volte; in questi casi si ascolta più il ricordo della musica nella propria memoria di quella effettivamente trasmessa.

Dopo due o tre musiche di introduzione passo al tema che mi piace sviluppare introducendo quindi vecchi blues, rock di altri tempi, musica progressive, jazz, fusion o bizzarri brani di “musica leggera” come si soleva dire una volta. Ma non più di poche musiche per volta: l’attenzione cade, chi ascolta perde l’interesse che deve essere catturato in modo inaspettato da qualcosa di diverso. Ed ecco così la selezione di cover dal vivo quasi sconosciute e trovate rocambolescamente in rete per effetto di un momento di serendipità; alla infine la musica italiana d’autore per rilassare dopo un momento di ascolto che in alcuni casi può essere complesso.

Mancano i titoli di coda come nei film, ma il ricordo della musica riecheggia ancora nella testa e quando la musica finisce, quel silenzio accomuna per un istante le anime di chi ha ascoltato insieme.