Marlin

Marlin è uno che viene da lontano. Ci siamo incontrati un giorno a tavola, invitati dallo stesso amico e trovati così, per caso, l’uno di fronte all’altro. Dopo un momento di silenzio ha iniziato a raccontare le storie dell’oceano: acque fredde, correnti vigorose e barche d’altura che salpano da Capoverde per affrontare il vento; uomini rudi avvezzi a manovrare legni, cime e reti. Il loro incontro è avvenuto a ridosso di Sào Nicolau appena oltre le secche in un primo pomeriggio assolato e solo a sera Marlin è salito a bordo con loro. Gli uomini esausti hanno poi acceso un fuoco con legni speciali, messi da parte per l’occasione e dai quali si è sprigionato un fumo denso e aromatico che ha avvolto e inebriato Marlin.

 Ora, su questa tavola, si presenta rilassato,comodamente adagiato sul letto di cetrioli tagliati fini e irrorato d’olio di oliva di una terra a lui lontana. Ride di gusto quando uno spruzzo di limone lo investe e risponde spandendo un profumo dolceamaro che ricorda il ginepro. Tra poco tornerà a nuotare in una bianchetta genovese profumata e leggera.

Il temporale

Il temporale non sapeva di essere un temporale. Per lui il tempo normale era quello, non immaginava che potesse esserci qualcosa di diverso oltre al vento, la pioggia e l’umidità.

Fin da piccolo, quando era una giovane perturbazione di collina, era abituato a soffiare e spostarsi seguendo il vento nelle sue infinite peregrinazioni; a volte tornava più e più volte a bagnare le stesse terre come se non avesse fatto bene il proprio lavoro la prima volta e da queste ripetizioni imparava e cresceva prendendo sicurezza nelle proprie capacità.

Un giorno scoprì il tuono e si spaventò; per parecchio tempo si limitò a fornire una semplice pioggerellina per paura che si ripetesse quella roboante esperienza ma il vento, che la sa lunga, gli spiegò che per diventare grandi occorreva superare la Prova del Tuono.

Lui non voleva, piccolo come era. La sola idea lo sconquassava fin nelle nuvolette più piccole strizzandole di lacrime.

Poi venne un pomeriggio d’estate. Tutto era pace e frinire di cicale, il rumore del silenzio era assordante, il caldo lo alimentava e lo faceva crescere come mai gli era capitato fino a quel momento.

Il vento amico capì che era arrivato il momento giusto e iniziò a soffiare gentilmente ma con fermezza un’aria fresca fresca proprio nel mezzo dei grandi cumuli bianchi, rendendoli a poco a poco grigi come i vecchi lupi.

I cumuli si guardarono l’un l’altro sorpresi per questa trasformazione e capirono di essere diventati grandi; era arrivato i momento che capita sempre nella vita di un piccolo temporale e il grigio si trasformò in nero in un lampo e il lampo in tuono e il tuono in un susseguirsi di rimbombi pervadendo la campagna.

Il temporale non ebbe il tempo di spaventarsi. All’inizio si tappò le orecchie con un batuffolo di nuvola ma poi prese gusto a tutto quell’inebriante fragore pensando: “sono io che faccio tutto questo!”

E poi un momento di silenzio, ma solo un attimo, in cui tutto si fermò. Poi fu la pioggia che divenne protagonista alleggerendo le fatiche delle nuvole squassate dal vento e furono le risate sincere di un giovane temporale che salutarono l’arrivo dell’arcobaleno, come un premio per essere stato bravo.

Cuore

Ho suonato alla porta del tuo cuore e mi ha risposto la governante; la cosa mi ha piacevolmente sorpreso per l’aria di casa che ispirava la scena ma, pensando di trovare te ad aprirmi sono rimasto lì senza parole fissando con aria imbarazzata la gentile signora sulla porta.

Lei, forse capendo la situazione, mi ha messo a mio agio invitandomi ad entrare. Probabilmente aveva sentito parlare di me e si sarà incuriosita e, desiderosa di saperne di più su questo nuovo arrivato, ha deciso di fare lei stessa gli onori di casa.

Dopo averla fissata per un tempo forse esagerato, proferisco poche parole di circostanza ed entro nell’atrio accogliente. Subito sono fatto accomodare nel ventricolo destro, quello più luminoso mi dice la governante indicandomi una comoda poltrona vicino ad una finestra con le tendine. Lei preferisce accomodarsi su un globulo rosso a forma di puf vicino a me ed inizia a guardarmi più profondamente come volesse studiarmi per capire se fossi la persona giusta per la padrona di casa.

Iniziamo così un balletto di parole, di cose appena dette e risposte evasive, indizi reciproci per saggiare le intenzioni e capire la loro bontà. A mano a mano che questo gioco avanza i temi toccati diventano infiniti e scopriamo di piacerci e i sorrisi reciproci suggellano questa intesa inaspettata.

Improvvisamente, non so per quale pulsione, le faccio una carezza sul volto. Lei mi guarda stupita ma gli occhi luminosi e lucidi mi fanno capire che la cosa e’ stata apprezzata. Dopo una pausa che mi è sembrata infinita mi ha detto: – Vedi, io non sono la governante. Sono qui da quando questo cuore ha iniziato a battere e oggi, sentendo i colpi più forti che mai ho voluto vedere per chi battesse. Io sono in realtà l’anima e tu mi hai accarezzata come nessuno fino ad ora. Questo cuore ora è tuo e sarà la tua casa finché lo vorrai.

Dette queste parole, la sua immagine svanisce e al suo posto appari tu sorridente e bella come mai ti ho vista.