Il volo

VoloMi raccontava Lindbergh che il decollo ha sempre rappresentato per lui un motivo di ansia che svaniva solo quando il carrello, con un ultimo sussulto, lasciava la terra per non più ricadervi. Ecco, diceva: il tempo che intercorre tra quell’ultimo tonfo e il momento in cui capisci che non ve ne sarà un altro è il più lungo di cui un uomo possa avere esperienza. Tranne forse quello che segue quando la moglie ti dice: “Dobbiamo parlare”.

In natura esistono innumerevoli momenti di questo genere; non quello della moglie ma quelli dei primi voli, sia che si parta da grandi altezze, sia quelli, forse più faticosi, in cui devi vincere la gravità partendo da terra e conquistando ogni centimetro di cielo guadagnato con il sudore della fronte. O con quello che per gli uccelli rappresenta la fatica.

Oggi ho assistito ad atterraggi simili a quelli dei caccia sulle portaerei, giù il carrello e flaps in posizione, sia decolli scomposti nei quali ti ritrovi a fare il tifo per il povero pennuto che, come raccontava Lindbergh, saltellando sull’acqua, anelava a quell’ultimo balzo per vincere la gravità.

 

Dischi

DischiLa selezione dei brani musicali da includere in una scaletta da trasmettere non può essere casuale. Non dovrebbe esserlo. E’ invece frutto di uno stato d’animo che si vuole esprimere e la sequenza diventa un percorso, una trasformazione dell’umore, la comunicazione di un modo di sentirsi in quel momento che solo la musica riesce, per empatia universale, a trasmettere.

La ricerca delle musiche nei corridoi tappezzati di dischi è opera certosina, quasi da topo di biblioteca; e poi l’ascolto in cuffia per capire la giusta sequenza, i ritmi da mixare in consonanza o creando stacchi repentini per generare sorpresa. Mai lo stesso interprete per due brani di seguito a meno che non si tratti di sviluppare una monografia.

Durante la selezione e lontano dalla frenesia della trasmissione c’è il tempo per crogiolarsi nel rito dell’ascolto: accarezzo con lo sguardo la copertina del disco (rigorosamente LP) alla ricerca di particolari precedentemente sfuggiti e che possono diventare lo spunto per un commento; poi estraggo con un fruscio il disco ancora avvolto nella sotto-copertina di carta più sottile, spesso ulteriore fonte di notizie: interpreti, luoghi di registrazione, testi delle canzoni, ospiti e tutto il colorito mondo che ruota attorno alla realizzazione di un’opera musicale.

Passo quindi ad osservare il disco nero, con la parte centrale colorata da una micro-etichetta rotonda che vorrebbe suggerire altre cose oltre ai titoli in sequenza; e poi il microsolco lucente che promette meraviglie d’ascolto. Poso il disco lentamente sul piatto fermo indovinando con mano sicura il perno da introdurre nel foro. Il braccio del giradischi è pronto per essere manovrato e la puntina cala adagio nel solco selezionato e nelle cuffie mi arriva un suono ovattato e secco: il rumore del silenzio che precede la musica, un momento da vivere con trepidazione ad occhi chiusi e volume coinvolgente, come se chi suona lo facesse solo per me in quel momento e non volessi perdere neanche un particolare dell’esecuzione.

Io sono solito scegliere brani di facile ascolto per iniziare la trasmissione; un modo per mettere a proprio agio chi ascolta con musiche familiari, orecchiabili, di facile comprensione perché ormai ascoltate più volte; in questi casi si ascolta più il ricordo della musica nella propria memoria di quella effettivamente trasmessa.

Dopo due o tre musiche di introduzione passo al tema che mi piace sviluppare introducendo quindi vecchi blues, rock di altri tempi, musica progressive, jazz, fusion o bizzarri brani di “musica leggera” come si soleva dire una volta. Ma non più di poche musiche per volta: l’attenzione cade, chi ascolta perde l’interesse che deve essere catturato in modo inaspettato da qualcosa di diverso. Ed ecco così la selezione di cover dal vivo quasi sconosciute e trovate rocambolescamente in rete per effetto di un momento di serendipità; alla infine la musica italiana d’autore per rilassare dopo un momento di ascolto che in alcuni casi può essere complesso.

Mancano i titoli di coda come nei film, ma il ricordo della musica riecheggia ancora nella testa e quando la musica finisce, quel silenzio accomuna per un istante le anime di chi ha ascoltato insieme.

Attesa

Non lo stavo veramente fissando, ad essere sinceri era un tipo repellente ma, come forse succede in questi casi, l’occhio torna a guardare l’orrore che lo ha colpito come la lingua fa col dente dolorante e, ogni volta, scopre cose che non avrebbe mai voluto vedere. Scommetto che il mio occhio me lo ha fatto apposta a soffermarsi sulla canottiera bianca anzi, bianco-sporco; lui sa quanto le detesti e poi quella catena d’oro, si, non una catenina ma proprio una catena, di quelle che se cadi in acqua dove non tocchi sei spacciato.

La seduta stravaccata sulla sedia sicuramente non aiutava a fare buona impressione ma il tocco di classe era dato sicuramente dalla copia di Tuttosport stropicciata ed esibita come un predicatore fa con la propria bibbia. D’improvviso il “tipo” emette un suono e ammetto di aver impiegato un po’ troppo tempo a capire che si trattava di parole e ancor più nel tentativo di individuare un senso facendo affidamento alle lingue note; per fortuna il suo vicino di sedia ha emesso un suono simile e, pare, risolutivo perché il “tipo” ha annuito soddisfatto. Continua a leggere Attesa