Il cuoco di Mandelbrot

Ovvero: i frattali in cucina

Le polpette di pane, fritte, devono sopperire alla povertà dell’impasto con una precisa tecnica di cottura. Più sono irregolari e frastagliate, più sono gustose. Questo si ottiene facendo cadere distrattamente l’impasto nell’olio molto caldo (non troppo) in modo che si cristallizzi nella forma bizzarra con cui è caduto e non abbia il tempo di trasformarsi in piccola pallina tonda. Ecco: la forma innanzi tutto.

Sembrerà cosa banale ma il principio è strettamente collegato al concetto di frattali: la forma bislacca assunta, crea una superficie maggiore di quella che lo stesso impasto avrebbe assumendo una forma sferica, e qui, nei fritti, la superficie è il trucco per garantire un gusto sapido e avvolgente.

E’ evidente che la parte esterna, a contatto con l’olio, sia più croccante e gustosa rispetto a quella interna che, pur essendo cotta, non è stata coccolata a dovere dai grassi in esuberante cottura. Così, più aumenta la superficie rispetto al contenuto, maggiore è la bontà della polpetta.

Degustate, gente. Degustate.

Verdure ripiene

Preparare le verdure ripiene al forno è una cosa che mi viene bene il sabato mattina. Sarà la tranquillità alimentata dalla golosità. Questa volta preparo solo zucchini e cipolle bianche, quelle rotonde, non quelle schiacciate: uno zucchino e una cipolla a testa dovrebbe essere la regola, ma visto che le regole devono essere infrante, ho preso 10 zucchini e altrettante cipolle.

Taglio gli zucchini in quattro per il verso lungo e poi a metà in modo da ottene otto barchette. Pulisco le cipolle e le taglio in due in senso verticale. In un pentolone metto a sbollentare per 15 minuti prima gli zucchini e poi le cipolle, salando l’acqua con un cucchiaio da minestra colmo.

Intanto mi occupo del ripieno. Prendo un etto di mortadella profumata e tagliata in un solo pezzo, due etti di prosciutto (anche il fondo va bene), 5 uova e una ‘punta’ di sale (come avrebbe detto la Nonna intendendo meno di mezzo cucchiaino da tè) per ogni uovo e verso tutto nel frullatore. Aggiungo un cucchiaio di parmigiano grattugiato per ogni uovo, mezzo cucchiaio di maggiorana, tre cucchiai colmi di pane grattugiato e due cucchiai di latte.

Mentre penso di essere Harry Potter a lezione di pozioni, avvio il frullatore e convinco il contenuto a diventare un impasto fine ed omogeneo. Verso il contenuto del frullatore in una terrina e faccio spazio per la carne già macinata (un po’ più di 7 etti) che ha bisogno solo di un ulteriore raffinamento.

Unisco tutto nella terrina aggiungendo il cuore degli zucchini che ho provveduto a scavare dopo il breve passaggio nell’acqua bollente. Amalgamo il ripieno e solo ora riesco a sentire un po’ di musica senza la colonna sonora del frullatore.

E’ arrivato il momento di gloria dei tegami. Li cospargo con un filo d’olio e inizio a disporre gli zucchini in un intreccio fitto, uno accanto all’altro e li riempio con il ripieno usando un cucchiaino da tè. Al termine cospargo metodicamente il tutto con un lieve velo di pane grattugiato e aspergo con un filo di olio senza trascurare nessuna verdura,  completando l’opera con una spruzzata di sale.

Il tegame è pronto per il forno che lo accoglie caloroso. Stessa sorte tocca alle cipolle che però subiscono un trattamento di favore: le mezze cipolle prima di essere posate nel tegame vengono sfogliate in modo da ricavarne diverse barchette di dimensione giusta per contenere il ripieno.

La cottura ha inizio, la musica sembra più felice e pare chiedermi: – “Quanto tempo devono cuocere in forno ?”

Rispondo con le parole di mia nonna: “Quando saranno pronte lo capirai”.

Ravioli del Plin

Ci voleva proprio una settimana tranquilla di fine luglio per preparare i Ravioli del plin. Mica si fanno quando si corre, vengono bene solo quando il tempo rallenta e i gesti sono più adatti a maneggiare con cura ingredienti e sfoglia e le dita si possono dedicare a pizzicare la pasta senza farle male.

Il Nonno, piemontese quasi DOC, diceva che ci volevano tre tipi di carne: manzo, pollo e maiale e, nel dirlo, chissà quali scorrerie per la campagna in cerca di amici aveva in mente. Per l’edizione  moderna ripiego, più prosaicamente sulla carne macinata, fettine di pollo e fondino di prosciutto cotto.

In padella salto la carne macinata, il pollo e infine ripasso una manciata di spinaci nel fondo di cottura. Un grande tuffo nel mixer con l’immancabile uovo per il ripieno, un’idea di parmigiano e sale a sentimento e il ripieno è pronto.

E poi il sughetto di verdure appassite a lungo in padella, unite al fondo di cottura della carne, in cui la carota tagliata sottile si intrattiene con il sedano e lo scalogno che, a dispetto del nome, è di grande compagnia; quando le verdure sono adeguatamente appassite, aggiungo una parte della carne macinata, ulteriormente sminuzzata, in modo che verdure e carne facciano conoscenza mescolandosi.

E poi la sfoglia, il ripieno posto in lunga fila e poi avvolto dalla pasta, e ancora i pizzicotti per separare il i fagottini e il taglio che distorce, arrotola e produce forma bizzarra al raviolo che solo a mano può essere fatto a regola.

Tutto questo il Nonno non lo faceva, ci pensava Nonna a volare leggera in cucina. Poi lui, alla fine, portava in tavola un paio di bottiglie di Nebbiolo dalla cantine e diceva: “Abbiamo fatto i ravioli!”, ignorando il sospiro di pazienza della Nonna ancora infarinata e le sue mani profumate di cose buone.