Il bicchiere di cristallo

Il bicchiere quasi stenta a ricordare le sue antiche origini. Sarà l’età o i continui lavaggi con sostanze che non esistevano ancora alla sua nascita o le mille avventure vissute attraverso il suo secolo di vita. Ora se ne sta quietamente riposto in una credenza da cucina, una sistemazione poco nobile se si pensa ai fasti cui era abituato da giovane.

Lui e i suoi fratelli provenivano da una delle migliori cristallerie di Francia, forse dalle Cristallerie Reali della Champagne, forse da Baccarat ma l’origine non era importante quanto la famiglia nella quale lui e i suoi gemelli hanno iniziato una sfavillante e tintinnante carriera.

Ricorda ancora il primo incontro da brivido con le bollicine fresche e il tocco delicato delle labbra della ragazza cui era toccato in sorte. Da giovane si divertiva con i fratelli emettendo suoni felici ad ogni incontro e riflettendo la propria allegria insieme alle luci della sala.

Poi, col tempo e la maturità, iniziarono i momenti meno fastosi, poco per volta i fratelli scomparvero  alla sua vista, le occasioni mondane cui era invitato si fecero meno frequenti e per lui, passato indenne attraverso un turbine di vita, iniziò un periodo quieto, animato solo dalle poche feste tradizionali.

Un brivido lo percorre ancora oggi al ricordo di un ragazzino, al quale avevano insegnato a far suonare i bicchieri, che lo aveva quasi frantumato cercando di estrarne un suono. Alla fine, unico rimasto della sua famiglia, finì insieme ad altri vetri plebei scompagnati in un angolo della cucina da dove uscì per ritrovarsi un giorno esposto su una bancarella di oggetti vecchi che nessuno voleva più.

Il suo destino sembrava ormai segnato e già si vedeva sballottato da una fiera all’altra, esposto senza cura né riguardo su vecchie assi di legno. Un giorno però un signore dall’aria sognante incontrò un suo luccichio e incuriosito si avvicinò per osservare meglio quella fonte di luce inattesa.

Allungò una mano e lo prese. Dopo un tempo che neanche lui riusciva a ricordare, il bicchiere provò il tocco di una persona gentile che lo sapeva apprezzare e non si vergognò di apparire così dimesso e impolverato perché negli occhi di quella persona vedeva accendersi una luce particolare.

Il signore, un vecchio cuoco, rimase un momento sopra pensiero, stupito di vedere un oggetto di cristallo così raffinato in mezzo a tanto ciarpame e lo guardò con gli occhi resi competenti da una vita a contatto con le cose belle.

Fu cosa di un momento, il bicchiere incartato frettolosamente da un commerciante che mai ne ha conosciuto il pregio finì nelle mani del signore che lo ripose delicatamente nella borsa. Insieme arrivarono a casa dove il cristallo, dopo un delicato ma approfondito lavaggio, per far bella figura iniziò a brillare come mai aveva fatto.

Sempre giocando con la luce osservò il vecchio mentre impastava una sfoglia sottile e profumata di uova, lo vide stenderla con una cura e un’abilità che rasenta la danza, annusando la terrina contenente un ripieno fragrante.

Improvvisamente il cuoco prese il bicchiere, lo rovesciò e, tenendolo per il gambo sottile, iniziò ad incidere la pasta con gesto sicuro e delicato ricavandone piccoli dischi che, una volta accolto il pizzico di ripieno, con un gesto meraviglioso del vecchio cuoco diventarono cappelletti.

Il bicchiere si stupì, frastornato e quasi indignato per questo uso improprio cui era stato forzato e, come tutti i bicchieri di cristallo dal carattere permaloso e suscettibile, iniziò a pensare di aver toccato il fondo della propria esistenza.

Sempre adombrato da questi pensieri non si accorse di essere nuovamente preso in mano e si risvegliò solo quando sentì scorrere tutto intorno un getto di acqua tiepida e il profumo del detersivo che lo lava dalle piccole tracce di pasta e di farina. L’umore cambiò poi quando venne asciugato in un morbido lino e posto dignitosamente in piedi sul tavolo.

D’un tratto un colpo secco, un suono familiare, lo sorprese e un getto fresco e spumeggiante lo inondò riportandolo all’infanzia e ai ricordi dei mille pizzicorini che le bollicine gli procuravano salendo in superficie. Si stupì e non si seppe spiegare la nuova situazione se non dopo aver ascoltato le parole del vecchio cuoco che, dopo un lungo sorso, gli aprono la mente:

“Tu ed io faremo grandi cose insieme”.

Il vecchio bicchiere ha trovato una nuova casa, forse meno fastosa ma sicuramente accogliente e sa di essere apprezzato anche se ora la sua dote più ricercata è quella di avere un diametro come quello che Pellegrino Artusi suggeriva nel suo libro di ricette. Chissà che il grande cuoco abbia fatto la conoscenza di qualche suo fratello.

Vini della sabbia

E’ ormai fine mattina quando arrivo al solito bistrot con i giornali sotto braccio e l’ultimo libro che stento a finire. E’ tarda primavera e le giornate si fanno calde nonostante un discreto Mistral che spazza il cielo rendendolo terso e facendo risaltare i colori della campagna.

Il locale è piccolo, tutta pietra e legno che sa di vino e profumi. Il mio amico trattore, col suo perenne cappello in testa, e grembiule appuntato al petto si siede fuori con me per annusare un po’ d’aria prima dell’arrivo degli avventori dell’ora di pranzo; mi racconta della spesa fatta la mattina al mercato del paese.

MercatoGli dico che l’avevo visto aggirarsi per le bancarelle di spezie con l’aria ispirata e non avevo voluto distrarlo nel momento della scelta: il mercato del venerdì mattina è un rito sacro per lui che segue un percorso preciso da anni intrattenendosi con tutti i suoi commercianti di fiducia in una lingua che non è più francese ma una comunicazione fatta di suoni, gesti ed espressioni che solo i due interlocutori capiscono; al termine di quel curioso scambio umano, lui porta con se un pacchetto in più ponendolo soddisfatto nella sporta.

MercatoOggi ha lasciato per ultimo il banco del pesce portando con se gallinelle e paraghi, almeno così mi è sembrato. Mi dice che oggi farà una Soupe de poissons spettacolare; ha gia preparato da ieri la salsa Rouille fatta con maionese all’aglio, pan grattato e peperoncino macinato: per servirla a tavola occorre il porto d’armi. La Soupe non è una zuppa di pesce, ma un piatto delicato a base di brodo di pesce passato al setaccio e un po’ denso, abbinato a crostini di pane strofinati con l’aglio e spalmati della famosa salsa Rouille.

Prima di cuocermi il palato con un tale piatto, mi ha portato un piattino di asparagi primaverili lessati e cosparsi con Fleur de sel della Camargue, piccoli cristalli di sale, e olio d’oliva. E poi ancora un assaggio di acciughine salate che si fa mandare da suoi conoscenti di Collioure al confine con la Spagna.

VignaNaturalmente il vino. Irrinunciabile su ogni tavola del posto: chiedere qualcosa di diverso scatenerebbe una guerra diplomatica. Oggi ha deciso per un Vin de Pays un po’ particolare per la zona: un delizioso Vin de Sable fresco al punto giusto, un rosato prodotto nella zona di Aigues Mortes alla foce del Rodano da viti basse che crescono direttamente sulla sabbia e infondono al vino una particolare sapidità.

Al termine del pranzo si siede a prendere il caffè al tavolo con gli avventori abituali godendosi i complimenti per la sua opera sapiente che si ripete ogni giorno con i consueti gesti. L’aria tranquilla ora è fatta di aromi di cucina e caffè e profumi di piante fiorite trasportati dal Mistral che sta calando.