Nel corso degli umani eventi

Quando, nel corso degli umani eventi, si rende necessario a una dispensa di rinnovarsi e assumere un aspetto più degno del proprio ruolo e assumere, tra le altre stanze della Casa, quel posto distinto ed eguale cui ha diritto per Legge naturale e divina, essa richiede che vengano prese importanti e ineluttabili decisioni.

Queste decisioni al fin prevedono che Qualcuno si sobbarchi oneri e fatiche per le quali Sisifo impallidirebbe fino al punto che, muscoli dei quali il Nostro Eroe neppure sospettava l’esistenza, riuniti in comitato, lo costringono a crollare esausto in poltrona. Siamo alla fine del primo giorno dei giochi, nei quali il Nobile, a cavallo della sua fidata scala, si scaglia con l’arma carica a sfidare a duello le mura ardite. Nuove cronache verranno narrate e le epiche gesta giammai saranno nascoste alle moltitudini.

Io e il mondo

Vorrei raccontarvi un episodio capitatomi, per far capire il mio bizzarro rapporto con il mondo: questa mattina ho fatto un po’ di spesa al supermercato, giusto per tenermi in esercizio; al termine, visto che c’era una coda infinita ai caselli (le casse) ho pensato di servirmi di quelle automatiche, avendo solo una manciata di pezzi da pagare. Naturalmente, per cinque pezzi ho fatto intervenire due volte l’inserviente: una perché avevo fatto un gesto non previsto dal macchinario e l’altra perché era andato in confusione tant’è che ha dovuto resettare.

Ma non mi sono scomposto, ho messo tutto nel sacchetto di plastica portato da casa e mi sono avviato verso l’uscita con la modalità della mente impostata su “mi faccio gli affari miei, tanto il mondo gira anche senza che lo sorvegli”. Qui il sistema ha congiurato contro di me impedendomi di oltrepassare la sbarra. Intendiamoci, non mi sono accartocciato contro la sbarra perché viaggiavo alla velocità di un bradipo ma, non contento del primo rifiuto, ho tentato una seconda volta di uscire afferrando il vile metallo della porta come si brandisce la Durlindana. Ma niente da fare.

Poi, dietro di me, arriva un signore dotato di sorriso gentile e un aspetto decisamente poco italico che una prima ricognizione visiva mi ha fatto inquadrare come extracomunitario. La lingua parlata con l’amico, in effetti non era molto altoatesina, anzi, sicuramente molto diffusa nel Maghreb. Ma a parte queste considerazioni geografiche, il gentile signore, con un terribile accento, mi dice: “Vada, apro io!”. E, così dicendo, avvicina il proprio scontrino al sensore ottico posto su un paletto a fianco della porta di uscita. Questa si apre e lui prosegue: “Naturalmente, se lei ha pagato…”. Capisco che a questo punto la cosa possa sembrare un tantino surreale ma, con aria assolutamente compunta, è stato mio dovere mostrargli il mio scontrino che, per fortuna, ha garantito per me, noto taccheggiatore di supermercati.

Il signore si è dimostrato soddisfatto e mi ha anche spiegato in un italiano terrificante ma comprensibile, che sullo scontrino c’è un codice a barre e che, presentandolo al preposto lettore, attiva il sistema di uscita. Ho ringraziato ancora il mio salvatore e proferito ancora alcune frasi di circostanza mentre insieme ci allontanavamo dal luogo infernale; lui sempre sorridente si è rimesso a parlare in arabo al suo amico e io a interrogarmi sulle mie capacità.

 

Chiedi chi erano i Beatles

In via XX Settembre c’era il traffico fumoso di sempre e il Mercato Orientale era quasi un’oasi felice di voci e grida che contrastavano con i motori degli autobus che ripartivano dalla fermata poco distante. Era un sabato, pomeriggio inoltrato ed essendo ormai “grande” avevo il compito di aiutare mia madre nelle compere al mercato. Non so come mai non siamo andati allo Statuto come di consueto, forse perché solo li avremmo trovato quello che serviva; lei alla ricerca e io trascinando  con finta disinvoltura una borsa gigantesca che usavamo solo in due occasioni: la spesa al mercato e il trasloco estivo verso la casa di campagna.

Beatles GenovaUsciamo dal mercato giusto in tempo per assistere al passaggio di un piccolo corteo di auto che tanti additavano eccitati; non tutti, i “vecchi” guardavano indifferenti la scena ma tutti i ragazzi intorno erano quasi esaltati, tanto che chiedo a mia madre cosa stia succedendo. Lei, cresciuta a Nilla Pizzi e Claudio Villa, con l’aria distaccata di chi sa ma non gliene importa nulla, mi dice: “Sono i Beatles, caro, vieni, su, non strisciare per terra quella borsa”. Ecco, questo è stato il mio incontro con i Beatles a Genova in un’età, la mia, a metà strada tra le canzoni d’infanzia e quelle “da grandi”, in cui ascoltavo sul giradischi di casa: Glen Miller, Pat Boone, Platters & C. Ma i Beatles sarebbero stata un’altra storia.

Beatles Genova